Mario Sconcerti ha parlato dalla questione della responsabilità penale per i medici del calcio prevista dalle richieste del Comitato Tecnico-Scientifico alla FIGC: "Quando si parla di competenze specifiche di un medico, si parla di una diagnosi sbagliata. Io vado dal medico, mi dice che ho qualcosa e poi me ne risulta tutt'un'altra. Lui non si può prendersi la responsabilità di una malattia che viaggia sulla scia dei nostri comportamenti. Vado dal medico sociale, mi fa il tampone e non ho niente, poi esco e magari vengo contagiato da chissà chi. Il medico così è poco più di un vigile urbano: affidargli la responsabilità penale e civile mi sembra non ingeneroso ma illegale".

Sembra che nessuno voglia prendersi le responsabilità.
"Nessuno se la può prendere. Non è come diagnosticare una malattia, il contagio è un terno al lotto. Anzi, la maggioranza di noi non sa ancora se è stato contagiato o meno. Cerchiamo qualcuno che si prenda la responsabilità per tutti noi ma non è possibile, è la malattia che lo vieta. Conosco bene i disagi del nostro mondo e la necessità del calcio di andare avanti, ma questo succede se ci assumiamo la responsabilità individuale di potersi ammalare, riducendo al massimo quello di contagiare gli altri. Non si può ridurre tutto questo a zero".

Che ne pensa della volontà di imitare il modello tedesco?
"Non sono più in tanti a dirlo, in Germania dopo pochi giorni di semi-libertà sono tornati su livelli di insicurezza. Oggi da noi siamo al nono-decimo giorno di parziale riaperture, tu hai un nuovo aumento dei contagi in Lombardia. C'è il vantaggio che il virus in questo momento ha perso forza, non sembra più così mortale. Ma se parliamo di possibilità di prenderlo o no, dico che oggi siamo sopra i 1200 contagi. Quando il Governo predica prudenza ha le sue ragioni. Non è possibile che due mesi di mancati incassi, in società che fatturano così tanti milioni, producano tutti questi danni, sopratutto quando non paghi gli stipendi. Vuol dire che la crisi era precedente ed era già molto grossa. Questa pesa molto di più sulle spalle dei mezzi di comunicazione, sull'indotto minore del calcio: lì si rischia veramente un tracollo. Considerare il calcio solo come le partite è un errore. Considerate la pubblicità gratuita che viene fatta dai vari media al calcio, i quali parlano tutti i giorni dello spettacolo: il calcio sarebbe totalmente un'altra cosa. Tantissime aziende che fanno calcio, e una radio come questa lo fa e lo costruisce come prodotto, se non incassano per 2-3 mesi rasentano il fallimento".

Si dibatte molto del fatto che, in caso di positività di un singolo, l'intera squadra debba fermarsi. Di fronte a scadenza UEFA sembra inverosimile arrivarci intonsi.
"No, se perdi 14 giorni su 50 di campionato per una quarantena viene da sé che non è possibile. Considerando poi che dopo la quarantena ti devi rimettere. Si stanno mettendo due-tre paletti insuperabili, è una vecchia tattica: metti venti paletti che sembrano superabili, poi ti trovi quelli in fondo e si ferma tutto".

Crede che servirà una sintesi politica tra le indicazioni scientifiche e l'attuabilità?
"Non si può fare altro che riaprire gradualmente e aspettare via via i risultati, a livello di responsabilità politica. Noi invece cerchiamo decisioni definitive, contro la logica del virus, ma ho l'impressione che non si possa fare altro che così. Vediamo anche la Germania, la Corea, o il positivo registrato nuovamente a Wuhan. Siamo con la tensione alta dallo spavento, anche se vediamo belle giornate, aria d'estate e veniamo un attimo distratti. Chi ha la responsabilità del tutto non può che giudicare dati alla mano, aspettando le canoniche due settimane".

Il calcio considera l'aspetto di un piano economico per il futuro?
"Il calcio vive continuamente sull'orlo del crack, sono fallite già più di 100 società professionistiche, è un ambiente estremamente instabile. Io mi incazzo con il calciomercato perché sono cinquanta persone che per quarant'anni fanno affari tra di loro, e non ce n'è uno che ci rimette. Ma com'è possibile un mercato in cui nessuno mai ci rimette? Sono d'esempio? Ora sono preoccupati perché per la prima volta sarebbero loro a perderci soldi. Adesso ormai i fallimenti neanche contano più da quanti ce ne sono stati".

Sezione: Notizie / Data: Mar 12 maggio 2020 alle 21:20
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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