Novanta minuti e spiccioli, praticamente una partita di calcio più recupero. Tanto è durato l’incontro organizzato dall’Ussi regionale con l’arbitro di serie A Piero Giacomelli che si è aperto a riflessioni e commenti a 360° sul mondo dei fischietti e sulle difficoltà che si trovano ad affrontare domenica dopo domenica. É stata l’occasione per ritornare sull’episodio di Atalanta-Udinese gara nella quale Giacomelli prima concesse un rigore ai friulani per poi negarlo, quando Di Natale si apprestava a calciarlo, su segnalazione del guardalinee Faverani.

Caso limite. Giacomelli comincia la sua analisi facendo un esempio sulla nuova regola: «Lancio lungo per un attaccante che è in fuorigioco, il difensore arriva prima sulla palla, la stoppa e la rigioca. Se l’attaccante è lontano due metri e non è intenzionato a intervenire si fa proseguire, se si capisce che può intervenire si ferma il gioco». Quello di Bergamo è un caso limite: sulla punizione di Di Natale, Danilo è in offside ma viene tirato giù da Stendardo. Giacomelli assegna giustamente il rigore, poi il collaboratore gli fa cambiare idea. «Non è facile in quegli attimi ricostruire l’azione, a me mancava un passaggio: capire se la palla era giocabile o meno da Danilo. Alla fine abbiamo preso la decisione sbagliata, ma per capirlo sono serviti quattro giorni e una nota della Fifa».

É la tempistica che ha fatto discutere: Di Natale si apprestava già a calciare ed è sembrato che fosse stato il capitano dell’Atalanta Bellini a spingere Giacomelli a parlare con il guardalinee. «All’auricolare stavamo già discutendo - spiega l’arbitro -, e ho chiesto a Bellini di allontanarsi. Per trenta secondi sono riuscito a confrontarmi solo con Faverani ed è stata una sorta di miracolo perchè di solito i giocatori ti circondano subito per metterti pressione».

Tecnologia. Secondo Giacomelli in quel caso l’aiuto della moviola in campo non sarebbe servito. «Ribadisco: sono stati necessari quattro giorni per stabilire cosa era giusto fare. Io sono favorevole alla tecnologia per il gol-non gol, non per altro. Nel calcio ci sono dei vuoti regolamentari dovuti alle esigenze del gioco stesso. La nuova regola ci complica la vita? Di fatto non cambia molto».

Addizionali. Per Giacomelli più delle telecamere servono gli arbitri piazzati dietro le porte. «Lo scorso anno sono intervenuto personalmente in una ventina di occasioni e in sei e sette di queste per un rigore o una simulazione e nessuno se n’è accorto. La percentuale di errore? Nel 90% dei casi ci prendiamo. Certo, a volte la comunicazione è problematica, nell’auricolare ti arrivano contemporaneamente tre voci. Domenica ho fatto l’addizionale di Orsato che aveva una brutta tosse: sono tornato a casa con l’orecchio grande come quella di Dumbo».

Per un arbitro giovane il rischio è quello di farsi condizionare dal “suggerimento” di un addizionale più esperto: «É vero - conferma Giacomelli -, ma se io sono certo della mia decisione devo avere il coraggio di fidarmi di me stesso. In Roma-Sassuolo avevo un internazionale, Mazzoleni, e un arbitro di B. Il Sassuolo pressava e io mi dicevo: cavolo, perchè non li invertiamo e mettiamo Mazzoleni dietro la porta di De Sanctis?».

Angolo visivo. Spigliato, brillante e simpatico nella sua esposizione, Giacomelli svela anche alcuni retroscena curioso del suo lavoro. «La sera di Atalanta-Udinese mi telefonò il mondo intero. Credo che l’unico a non chiamarmi sia stato Papa Bergoglio». Il fuorigioco, specialmente sui lanci lunghi, è complicato da giudicare. «L’angolo visivo di un uomo è di 50°, Collina ci ha spiegato che è comunque “allenabile”. Cosa faccio io? Quando vado in scooter tendo a guardare quelli che succede ai lati. Certo, il rischio è quello di passare con il rosso, ma in compenso non mi sfugge nessuna vecchietta con la borsa del pane e del latte».

Sudditanza. Giacomelli assicura che non esiste: «Io non sento nemmeno il pubblico tanto sono concentrato, non penso a quale squadra sta attaccando in quel momento. L’errore, quando lo commettiamo, non ci condiziona nella gara successiva, semmai in quella stessa visto che veniamo a sapere se abbiamo fischiato o meno correttamente. Arbitro narcisisti? Un po’ lo siamo, basta vedere le nostre divise, sembriamo dei fighetti...». Applausi.

Sezione: Notizie / Data: Ven 29 novembre 2013 alle 09:20 / Fonte: Massimo Meroi per il Messaggero Veneto
Autore: Redazione TuttoUdinese
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