Franco Causio è stato sicuramente stato uno dei giocatori più importanti che hanno vestito la maglia dell'Udinese. Il suo rapporto con Udine non è mai finito. Ancora in Friuli infatti vive con moglie e figli, affermando che ormai sia questa casa sua, Era la stagione 1983/84 quando passò all’Udinese dalla Juventus, dove si fermò un solo anno.
"La Juventus pensava al futuro che non poteva più essere di Causio, ma di Marocchino, di Fanna che scalpitavano tra i rincalzi. Peccato, perché ad Udine ritrovai l’estro delle annate migliori e perché ero tutt’altro che sul viale del tramonto, tanto è vero che giocai ancora otto anni! Mi dispiace, perché fossi rimasto anche solo un anno, avrei giocato anch’io nella Juventus dei Platini e dei Boniek».
Il rapporto con l'Udinese non fini con il Causio giocatore ma proseguì in seguito, con il parón Pozzo, nei ranghi di dirigente. Negli anni infatti di Zaccheroni e nei primi anni 2000 fu team manager della società bianconera, prima poi di cambiare drasticamente carriera, divenendo un commentatore televisivo. Il suo rapporto però con l'ambiente bianconero è sempre rimasto ottimo.
Tornado al Causio giocatore, due erano i suoi soprannomi con i quali si faceva chiamare anche ad Udine: Brazil e Barone. «Vladimiro Caminiti, impareggiabile giornalista palermitano di “Tuttosport”, mi chiamava Brazil. “Tu sei brasiliano”, mi diceva” ed io un po’ brasiliano mi sento, perché ho sposato una brasiliana, vado spesso in Brasile”. Fu invece Fulvio Cinti de “La Stampa” a soprannominarmi Barone, perché mi piaceva stare in giacca e cravatta e per il mio modo di muovermi in campo».
Causio esordisce in Nazionale il 29 aprile 1972, a Milano, in Italia - Belgio 0-0, ma il vero esordio era due mesi dopo, il 17 maggio a Bucarest, Romania - Italia. Finisce 3-3 e Causio segna il goal di un illusorio 3-2. Con la casacca azzurra disputa 63 incontri e realizza 6 goal. Partecipa al Mondiale del 1974 giocando poco, ma in seguito con Bernardini prima e Bearzot poi diventa per molti anni padrone assoluto della maglia azzurra numero 7. Gioca in maniera ottima il mondiale Argentino del 1978 in cui segna anche un goal nella finalina contro il Brasile. Entra a far parte, a dieci anni dal debutto in Nazionale, all’età di trentatre anni, anche della rosa che conquistò il Mundial 1982. Chiude la carriera in azzurro il 12 febbraio 1983, dopo undici anni di servizio, in Cipro - Italia 1-1.
«La Nazionale che uscì al primo turno in Germania, nel 1974, era forte. Solo che si parlava troppo, riunioni su riunioni, del dualismo Mazzola - Rivera. In quell’occasione ho apprezzato Gianni Rivera soprattutto come uomo. In Argentina, nel 1978, abbiamo giocato il calcio più bello di tutto il Mondiale. Non siamo andati in finale perché, contro l’Olanda, eravamo convinti di aver già vinto dopo aver chiuso 1-0 il primo tempo. Bearzot mi sostituì con Sala per farmi riposare in vista della finale. Invece, gli olandesi fecero due goal ed addio finale. A Bearzot voglio un bene dell’anima e gliene avrei voluto anche se non mi avesse portato con la Nazionale in Spagna nel 1982. Conosco il grande Vecio, come lo chiamo con affetto, da quando avevo sedici anni. Lui era allenatore in seconda del Torino ed io feci un provino con i granata. Poi le Nazionali dall’Under 20 a quella maggiore».
C’è un ricordo che Causio si porterà sempre: lo scopone con Pertini sull’aereo che riportava a casa l’Italia Campione del Mondo del 1982. «Indelebile. Io ero in coppia con Bearzot, il presidente con Zoff. Io feci una furbata: calai il 7, pur avendone uno solo. Pertini lo lasciò passare e Bearzot prese il “settebello”. Abbiamo vinto così quella partita».
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