Avevo premesso in sede di presentazione della gara che il risultato finale non era la cosa fondamentale nella trasferta di Ravenna: ben più importante sarebbe stato mantenere un atteggiamento aggressivo, sfacciato, propositivo e concentrato. Soprattutto dimenticare le ultime due uscite e ricordarsi di Mantova, Trieste o Jesi.

Invece contro una squadra che, lo si sapeva, tira magistralmente dal campo Udine ha commesso errori, individuali e di atteggiamento di squadra, che ne hanno compromesso la prestazione.

La GSA non è così forte da potersi permettere, con due giocatori titolari fuori e Truccolo a servizio ridotto (ed uscito a braccia dal parquet dopo aver giocato appena sette minuti), di regalare all’avversario il proprio giocatore americano più prestigioso.

La GSA non è così forte da potersi appisolare sulla rotazione di palla ravennate; troppi tiri piedi-a-terra concessi ai frombolieri di casa, che non ricambiano la cortesia, accendono l’artiglieria e prima del loro passaggio a vuoto finale (ma si era ormai a gara compromessa) contavano su un 10/14 al tiro pesante.

La GSA non può essere così ingenua da pensare che, disinnescato Marks, metà dell’opera sia fatta: già all’andata Sabatini aveva fatto (bissandola stasera) la gara della vita, ma gente come Masciadri, Tambone, Sgorbati o il veterano sammarinese Raschi non avrà un cognome esotico o un appeal da movida milanese, ma gioca una pallacanestro essenziale ed esiziale se le si lascian tiri a campo libero, ed ancor peggio sedici rimbalzi in più sotto canestro, gran parte dei quali tramutatisi in seconde occasioni offensive.

E capita così che, a fianco di un Okoye non preciso come a Bologna ma pur sempre top scorer della gara, si salvino alla grande Microwave Pinton, che piano piano sta tornando la microonda letale dell’anno passato; ed il discusso Supergino Cuccarolo, che eguaglia il season-high di punti dell’andata (dodici) e lotta come un leone, smazzando anche tanti blocchi spesso non sfruttati dai compagni. I quali, per il resto, sono diciamo così rivedibili.

Paradossalmente Udine tira anche meglio di Ravenna da due, ma la differenza la fanno i tiri pesanti: dodici punti che alla fine sanciscono il divario fra le due squadre.

Paradossalmente Udine l’avrebbe anche potuta rimettere in piedi. Ad affossarla sono due triple, lontane fra loro: il “buzzer beater” da tre di Sabatini, che a fine primo quarto ricaccia Udine a -2 dopo averla vista per la prima (ed ultima volta) in vantaggio; e la tripla di Tambone, che pareggia quella precedente di Pinton e rimanda i friulani a -14, spezzando un parziale pesante a favore dei bianchineri che poteva spostare definitivamente l’inerzia della gara.

Però, e in questo non c’è paradosso, Ravenna vince meritatamente perché ha giocato una pallacanestro semplice e lineare, senza fronzoli né picchi straordinari. Vince Antimo Martino che alla fine, con i suoi in affanno, prova la mossa “jedi” di mettere i panchinari Seck o Scaccabarozzi, come a dire che per lui si era già alle strette di mano, quando alla fine mancavano due, lunghi minuti: gli è andata bene, complimenti a lui.

Brava Ravenna; la GSA fallisce l’esame della propria maturità, confermando che probabilmente sarà un campionato di centroclassifica, in cui ad andar bene si guadagnerà qualche scalpo pregiato ma poco di più. Ed a me, tutto sommato, se si vincesse domenica contro Piacenza potrebbe anche andar bene così. A chi però è andato giù pesante sui social, ricordo di rispettare la bella gara degli avversari.

Lo so: ce la si poteva giocare meglio, ché Ravenna è meno forte di Treviso o Fortitudo. Ma i giallorossi non hanno colpa nelle nostre mancanze, anzi come detto si sono meritati i due punti.

Mi piacerebbe poi, anche in un finale come questo nel quale non si è proprio punto-a-punto, che coach Lino introducesse il fallo sistematico cercando poi veloci tiri pesanti come non ci fosse un domani. So che non è uno schema sportivissimo, ma tre settimane fa Avellino ha sbancato Pesaro ai supplementari proprio così, partendo da -8 a 45’’ dalla fine. I tiratori di Ravenna, oggi, ne avrebbero sbagliati pochi ma almeno portiamoli a tirare e non a morire con la palla in mano.

Ma Lardo è un signor coach, io un ex giocatorucolo (nonostante le simpatie di Giulio) mai fattosi grande, per cui amen.

Sotto con Piacenza. Rientra Ricky Castelli, pedina importante; speriamo rientri anche Allan Ray, oggi spettatore non pagante e dolorosamente costato tanti punti. Al figlio del Bronx voglio bene, si meriterà di certo palcoscenici importantissimi ma oggi ci dia, dia a noi cantori bianchineri, spunti e canestri per esaltarlo: lo saluteremo, al momento dovuto, con meno rimpianti e cuori ancor più gonfi.

 

Sezione: Focus / Data: Sab 07 gennaio 2017 alle 11:30
Autore: Franco Canciani
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