L'ultimo giorno di mercato ha portato l'ufficialità del trasferimento di Rolando Mandragora dall'Udinese al Torino, se ce lo avessero detto qualche mese fa probabilmente nessuno avrebbe creduto a questa trattativa, visto che l'Udinese sembrava puntare molto sul recupero dall'infortunio del centrocampista napoletano, per poi affidargli il ruolo di play basso davanti alla difesa come avvenuto lo scorso anno, ruolo in cui Rolando si è espresso al meglio in questi due anni e mezzo bianconeri. Spesso, però, le cose non vanno a finire come da programma e infatti, l'ex numero 38 bianconero non è mai rientrato a pieno regime tra i titolari bianconeri a causa dell'ottimo rendimento di Arslan e della crescita di Walace, unite all'intoccabilità delle due mezz'ali argentine, per questi motivi il minutaggio di Rolando non è stato alto in questa prima parte di campionato, con Gotti che lo ha schierato dal primo minuto soltanto in tre occasioni, peraltro nel ruolo di mezz'ala, posizione in cui il classe 97 è in grado di adattarsi, ma che non predilige rispetto a quella di regista davanti alla difesa. 
Probabilmente la cessione di Mandragora è dunque dovuta ad una richiesta di maggior minutaggio da parte del ragazzo, che qui a Udine ormai si vedeva chiuse le porte del centrocampo dai ragazzi sopracitati, con invece un estremo bisogno di ritrovare un posto fisso da titolare per recuperare al 100% dal brutto infortunio subito lo scorso giugno, un posto che sicuramente troverà alla corte di Davide Nicola al Torino, ex tecnico dell'Udinese che da subito ha fatto il nome dell'ex Juve e Crotone per il suo centrocampo, avendolo allenato già in due occasioni (Crotone e Udinese) con discreti risultati. Dall'altro lato, la scelta della società bianconera è stata sin da subito quella di accontentare il ragazzo, che in ogni caso a fine stagione avrebbe interrotto il prestito qui a Udine per tornare alla Juventus, per puntare maggiormente sul giovane Makengo, arrivato alla fine del mercato estivo, un ragazzo dalle buone prospettive ma che fin qui ha giocato pochissimo, addirittura molto meno dello stesso Mandragora, con la sua cessione sicuramente Makengo avrà modo di mettersi maggiormente in mostra. 
Per tutti questi motivi elencati, l'avventura di Rolando Mandragora in Friuli si è conclusa con sei mesi di anticipo, un'avventura caratterizzata da alti e bassi costanti, con un'esplosione definitiva mai avvenuta.

La prima stagione (2019-20) con l'Udinese non è stata positiva per Rolando, spesso finito al centro delle critiche per delle prestazioni non all'altezza, dovute probabilmente all'eccessivo carico di responsabilità su un ragazzo molto giovane che non era ancora pronto per mettersi sulle spalle l'intero centrocampo bianconero, nonostante tutte queste difficoltà però sono da ricordare i due gol-salvezza fondamentali e molto belli realizzati contro Genoa ed Empoli. La seconda stagione, invece, è stata in crescendo, soprattutto dall'arrivo di Gotti in poi che gli ha dato stabilmente le chiavi del centrocampo bianconero, posizionandolo costantemente davanti alla difesa, il suo ruolo prediletto, da lì in poi una crescita costante del numero 38 che addirittura era riuscito a farsi convocare da Mancini in Nazionale, una crescita interrotta prima dal lockdown e poi dal terribile infortunio avuto proprio contro il Torino, nella prima gara della ripresa del campionato scorso. 
Probabilmente, a posteriori, quell'infortunio è stato il primo segnale di un'avventura destinata a finire, con l'Udinese che si è cautelata sul mercato per sostituirlo adeguatamente (Arslan) e con Rolando che non è riuscito a riconquistarsi il posto una volta rientrato, dinamiche di campo che hanno portato a questa separazione, non dolorosa, ma sicuamente con rimpianti visti i presupposti con cui questo ragazzo arrivò in Friuli nell'estate del 2018, dei presupposti e delle aspettative rispettate solo in parte.
Buona fortuna Rolando, grazie per il costante impegno ed attaccamento dimostrato ogni volta che sei sceso in campo. 

Sezione: Focus / Data: Mar 02 febbraio 2021 alle 13:00
Autore: Stefano Fabbro
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