Non mi piace parlare di arbitri, non lo faccio mai. Questa volta però non resisto, devo per forza scrivere qualcosa. Lo faccio con un giorno di distanza, perché quello che ho visto domenica sera al Friuli è l'ennesimo episodio di servilismo nei confronti di una grande squadra. 

Vedere Di Bello che aiuta l'Inter, lo dico direttamente, è cosa assai triste. Avrebbero vinto lo stesso, perché sono più forti, perché in rosa hanno dei campioni. E non è questione di un rigore dato o non dato ma di una atteggiamento costante di sudditanza psicologica nei confronti dei giocatori neroazzurri e soprattutto di Antonio Conte. Venivamo da un sabato ricco di polemiche, di un Juve-Fiorentina che aveva fatto saltare i nervi al patròn Rocco Commisso. A Udine si sono ripetuti praticamente gli stessi episodi, questa volta però nel silenzio assenso di tv e stampa nazionale. Per questo ne parliamo noi, giornalisti provincialotti, giornalisti da bar come qualcuno ci ha definito. Perché i diritti dell'Udinese vanno difesi, è un nostro dovere.

Che è successo di grave? Per molti nulla, ovviamente. D'altronde perché mai andare contro i poteri forti, meglio continuare ad alimentare la lotta scudetto (altrimenti che prodotto vediamo all'estero se il nostro campionato lo vince sempre facilmente la Vecchia Signora?). 

Tre gli episodi.

Il primo, De Paul batte rapidamente una punizione e pesca Okaka in profondità, l'attaccante bianconero praticamente è a tu per tu con Padelli; Di Bello, però, ferma, incredibilemente, tutto per discutere, ripeto discutere, con Conte. Fermi il gioco? Allora lo butti fuori, non vai a bordo campo a calmarlo, negli spogliatoi si sarebbe calmato da solo. Il fischietto, invece, va verso la panchina neroazzurra, verso un Conte che pare un leone pronto a sbranare tutto ciò che gli si para davanti, con Oriali che deve buttarsi davanti per salvare il salvabile, e si becca una rata di urla. Ma che roba è? Blocchi una potenziale azione da gol per una cosa del genere?

Il secondo. Cross in area, Skriniar si appoggia ad Okaka e lo atterra. Nulla, né per l'arbitro né per il VAR. Non posso credere che nessuno ha visto il fallo. Non è nitido? Ok, ci può stare,  ma lo si vada a rivedere lo stesso, perché il dubbio c'è e lo schermo posto a bordocampo serve diramare ogni dubbio. Invece nulla di nulla, avanti. 0 rigori per l'Udinese in stagione, altro da dire? Se il VAR è questo lasciamo perdere, finché non c'è matematicità, finché non c'è la vera tecnologia, finché si lascia spazio alla discrezionalità dell'arbitro saremo sempre al punto di partenza. Perché arbitro in campo e arbitro davanti allo schermo al VAR ragioneranno sempre con quella sudditanza psicologica, con quella paura di incorrere poi nella rivolta di una grande, dei suoi dirigenti e dei suoi tifosi. Scommetto a parti invertite che l'epilogo sarebbe stato ben diverso.

Ultimo episodio. Jajalo prova a passare in area, Brozovic gli taglia davanti e lo manda giù. Stessa cosa accaduta in Juve-Fiorentina, e allora se il contatto tra Bentancur e Ceccarini è rigore perché quello di Jajalo invece no? Lo chiedo in nome dell'equità, in nome dell'utilizzo dello stesso metro di giudizio.

A pensar male spesso ci si azzecca. Le grandi sono in grado di vincere da sole. C'è già la differenza di fatturati, non servono anche gli arbitri. Chiedo, quindi, equità perché altrimenti non ha senso giocare, perché altrimenti è meglio che le big giochino solo e solanto tra di loro, che si facciano la Superlega. Paga, intanto, come sempre la provincia, le piccole che non contano nulla e che servono soltanto a fare da comparse in un piano già scritto. Il passato? Non ci ha insegnato nulla. Calciopoli, i corrotti, i prescritti (ah sì, prescritto non vuol dire assolto, sia chiaro) sono già dimenticati. 

Sezione: Focus / Data: Mer 05 febbraio 2020 alle 08:00
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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