Diciamocelo senza troppi giri di parole, dopo l'errore di Musso che ha causato il rigore trasformato da Romulo eravamo tutti pronti per la quinta sconfitta consecutiva, complice un'Udinese ancora timida nel suo approccio alla gara. La mossa che ha portato Scuffet in panchina e l'argentino in campo ha sorpreso tutti, un po' perchè il portiere di Remanzacco si sta finalmente riscattando e un po' perchè sembrava essere la partita peggiore per far esordire qualcuno. Campo pesante, tanta pressione per il trend negativo e un campo caldo. Infatti i primi errori sono del sopracitato Musso e di Opoku. Il ghanese è stato inserito per mettere in campo l'altra grossa novità, che sa di ritorno al passato, ovvero il passaggio al 3-5-2, o 3-5-1-1, che dir si voglia. L'azzardo nel primo tempo non ha decisamente pagato.
Di certo non ha fatto bene alla squadra cambiare l'ennesimo modulo. Potranno essere anche solo numeri, ma usare un 4-2-3-1 o un 3-5-2 sono due cose molto diverse, soprattutto per i giocatori che ancora devono imparare le giuste distanze. Nè Opoku nè Troost-Ekong sono abituati alla linea a tre mentre Samir ha fatto le cose migliori da terzino, non da centrale. Se questa scelta dunque ha portato sì un punto, continua a sembrare azzardata e attendiamo di vedere come si svilupperà la cosa in settimana, visto che domenica arriva un'altra big, il Milan. Inoltre giocando così si va a snaturare alcune scelte fatte in estate. Pussetto quinto di centrocampo è un bell azzardo, non tanto perchè il ragazzo non abbia qualità, ma perchè già non ha dimostrato di avere molto fiato, se poi gli si chiede sia di difendere che di attaccare la sua crescita potrebbe risentirne. Scelte obbligate in mezzo, con Mandragora dolorante, Behrami, Barak e un Fofana che continua a non convincere sono scelte obbligate. Anche sull'ivoriano bisognerà ragionare. Una partita fatta di tanta corsa, ma poca, pochissima qualità. Non che a lui si chiedano i cambi di gioco illuminanti o i filtranti alla Pirlo, ma la sua gestione del pallone lascia ancora a desiderare. In attacco Lasagna ha chiesto più aiuto e Velazquez ha pensato di avvicinargli De Paul. Da trequartista l'argentino non ha mai convinto, ma questo sembra essere il suo anno.
In questo quadro che sembra quasi esclusivamente negativo è arrivato però come i timidi raggi di sole di inizio primavera un secondo tempo decisamente più di livello. Approccio totalmente diverso (chissà cos'è successo in spogliatoio, ma ci teniamo stretto intanto questo improvviso cambio) e una squadra molto più aggressiva. Nei primi 45 i giocatori nemmeno si guardavano, mentre nella seconda metà di partita fraseggiano di più e cercano di manovrare con più concretezza. Le difficoltà dettate da schemi nuovi restano, ma almeno si vede una squadra che vuole provarci e infatti arriva il pareggio con Lasagna, manco a dirlo su assist di De Paul. Che ci sia un problema anche di testa lo conferma il fatto che il gol del nuovo vantaggio del Genoa arriva un attimo dopo che Velazquez aveva chiesto attenzione, ma l'argentino, vero trascinatore della squadra, tira fuori dal cilindro un'altra magia e conquista quel pareggio che permette di evitare quella che altrimenti sarebbe stata una settimana terribile. Se l'Udinese è ancora in piedi lo deve al suo 10, inutile girarci intorno. Un' altra cosa positiva è la fiducia data dal tecnico in alcuni elementi della panchina. Fatta eccezione per Mandragora, si sono finalmente visti ter Avest e Balic, con quest'ultimo che per poco non si regalava l'assist della vittoria. Con un uomo in più nel finale si sperava nel bottino pieno, ma non c'erano più le forze. Questa capacità di cambiare (con nel secondo tempo due new entry e il passaggio al 4-4-2 per stare più compatti) è quello che si chiede a Velazquez. C'è una rosa, sfruttiamola.
Insomma, il pareggio non toglie assolutamente i dubbi intorno alla situazione dell'Udinese, c'è un modulo da capire, degli interpreti ancora da trovare appieno e l'idea che il "piano di battaglia" non sia ancora ben definito c'è, ma almeno il secondo tempo di Genova regala un punto e la consapevolezza che questa squadra non vuole lasciare le armi sul campo così facilmente come sembrava.
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