Anche quelli come me, che guardino il calcio con occhi incantati e testa di calcio, mai si sarebbero aspettati la controprestazione partenopea ad Empoli. Al Castellani i ragazzi di Ancelotti si sono limitati ad osservare nemmeno troppo divertiti le azioni dei ragazzi di Aurelio, i quali avrebbero meritato un divario ben più ampio della rete di differenza al fischio finale: bravo Meret, migliore dei suoi.

Ovvio ormai il Napoli guarda solo al doppio confronto contro i Gunners, che potrebbe regalare al Napoli le semifinali di Europa League; diciotto lunghezze dalla capolista sono troppe per concentrarsi in un campionato diventato un allenamento.

Diverso il caso della Lazio, ondìvaga formazione in preda a qualche crisi di nervi di troppo.

Perché questo cappello?

Per dire all’Udinese, ed a me stesso, di disinteressarsi di quanto accade sugli altri campi; di smetterla, lo dico a chi scrive, di contare su altrui ‘disgrazie’.

Il pallone è nel campo friulano, ormai; le ultime due partite hanno portato in dote quattro punti (gli ottimisti avrebbero sperato in tre, quelli contro il Genoa) e guardandosi attorno le distanze si sono compresse.

Dico all’Udinese di concentrarsi su sé stessa perché qualcosa, finalmente?, è cambiato.

È arrivato (tornato) un mister del tutto normale: da me (e non solo) sottovalutato, che ha semplicemente messo qualche giocatore al posto dove rende meglio. È questione di filosofia, forse anche di nulla da perdere che sfocia nella tranquillità.

Andare a San Siro con Pussetto, Rodrigo, Lasagna e Fofana in mezzala; senza Sandro e Mandragora, inserendo poi anche Okaka con Wilmot centrale difensivo implica una certa dose di coraggio, e l’abbiamo detto; non solo il coraggio, però, di andarsela a giocare contro una formazione migliore della propria, ma anche di cercare qualche variazione sul tema, qualche verticalizzazione in più, esterni che marcano gli esterni e centrocampisti che fanno i centrocampisti. Roba normale, a noi sembra quasi un mezzo miracolo. E non è mica arrivato Guardiola.

Questo, come logica, ha portato al fatto che l’Udinese ha lasciato lo scomodo trono della squadra che gioca peggio in massima serie a qualcun altro: ad esempio quel Parma che da squadra dei miracoli si ritrova oggi a lottare per non farsi invischiare nelle zone meno nobili. Il patrimonio di punti conquistato nel girone di andata (26) probabilmente basterà: ma con Gervinho fuori il re appare particolarmente nudo.

Percorso inverso per l’Empoli: il ritorno di Andreazzoli (avrei sperato non accadesse) ha portato alla giubilazione dell’Ascolano tanto amato da qualche mio amico, il cui credo di gioco definirei, però, quantomeno sparagnino. Un Nicola dalle Marche, insomma.

La gara di oggi è difficile, e non lo scopro certo io: adesso vediamo se Tudor, chiamato a preparare una gara spinosa, riuscirà (come ha detto) ad individuare i punti deboli dell’avversaria, nella quale forse non giocherà un acciaccato Krunic (pedina fondamentale); adesso vediamo se la crescita di squadra continua, non solo nei risultati ma anche nella maniera in cui vi si arriva.

Obiettivamente l’Udinese, in casa e nel ritorno, ha giocato sempre meglio gli scontri diretti: disastrosi contro il Parma, mediocri avverso il Chievo (salvati da Teodorczyk), double face con il Bologna (primo tempo dimesso, ripresa buonissima) e dominanti contro il Genoa. L’Empoli di questi giorni è però squadra ‘incongrua’, spesso legata alla bella giocata piuttosto che al risultato. Tutta stretta attorno al totem Caputo (giunto in serie A veramente tardi!), con qualche amnesia difensiva da punire.

L’andata ce la ricordiamo: fu il passo d’addio di don Julio, punito da due reti avversarie nelle uniche due occasioni concesse, da un rigore maltirato da RdP; da trentun tiri in porta, dalla traversa di Lasagna a portiere disteso a terra.

Velàzquez fu fatto fuori dopo la gara meglio giocata dai suoi, preferendo puntare su un ‘usato sicuro’ di cui si ricordò il miracolo di Crotone piuttosto che i diversi esoneri; ma è storia di ieri.

Oggi è Aurelio contro Igor, il massese taciturno contro l’imponente dalmata: vinca il migliore.

Sì: sperando abbia ragione proprio Tudor quando cerca di infondere ulteriore autostima ai suoi, che definisce ‘giocatori migliori’. Adesso vediamo: tempo per pensarci domani non ve n’è più.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 07 aprile 2019 alle 08:00
Autore: Franco Canciani
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