Diciamoci la verità: perdere due punti, oggi, contro questo Genoa è stata impresa più difficile che scalare lo Zoncolan con una bici a scatto fisso.

Ottanta minuti di gara attenta, quindici minuti da polli e il 2-2 è confezionato, grazie ad una prodezza del giovane Pandev e un rigore, parato e ribattuto in rete da Pinamonti (quinto per il Genoa in quattro gare, i ‘Grifoni’ non si possono lamentare’.

Partita modesta, tecnicamente e fisicamente. L’Udinese corre più del Genoa ma meno di quanto fatto a Roma; il divario tecnico e soprattutto tattico è parso, come si pensava, piuttosto evidente. Davide Nicola lo conosciamo, è stata (personalmente) la più grande delusione in panca dall’epoca di Azeglio Vicini; anche oggi ci capisce poco, e anche dopo aver schierato la squadra con quattro punte deve alla buona sorte il punticino che si tiene stretto e si porta a Genova.

Un punto forse decisivo per la salvezza ligure; il match in casa contro il Lecce potrebbe decretare la fine dei sogni salentini. Però credo che Perin e soci dovrebbero fare un po’ di più che chiudersi attorno alla propria area, lanciare lunga la palla e sperare. A pensarci bene, però, i giallorossi di Liverani (che dei rossoblu giocano immensamente meglio) sono talmente fragili che tutto ciò basterà.

Basterà: in un campionato nel quale con 34 punti ci si salva.

Oggi però il Genoa non c’entra: la rete di Pandev nasce da un giropalla sciagurato condotto da Ter Avest e Trost Ekong; quanto commesso da Zeegelaar a due secondi dalla fine della gara non lo voglio nemmeno commentare. Una cosa che nemmeno sul polveroso campo del mio liceo sarebbe potuta succedere. Fallo su un terzino che sta allontanandosi, a cinque secondi dalla fine, dalla porta. Marvin ha trent’anni, queste cose non possono succedere.

Bella l’esultanza rabbiosa di Davide Nicola alla fine: siccome ritengo sia una persona onesta, dopo questo punto strappato in maniera rocambolesca (e con pochissimi meriti) una pedalatina verso qualche santuario a scelta sarebbe ben meritata.

Peccato: fino a lì l’Udinese aveva dominato un’avversaria modesta, colpendo al tramonto del primo tempo (casualmente dopo la prima bella trama offensiva orchestrata) con Seko Fofana e a metà della ripresa con una bella rete di Lasagna, ancora a segno per la terza gara di fila; peccato perché l’Udinese ha sprecato quattro clamorosi contropiede, in un paio di casi per un errore di misura del migliore in campo, Rodrigo De Paul, un’altra con una chiusura miracolosa di Goldaniga.

Peccato perché alle volte tenere la palla verso la bandierina avversaria non è umiliante; peccato perché si sarebbe potuta ‘uccidere’ una gara, permettetemelo, già morta.

Penso, poi, che se fosse andata così questa non sarebbe l’Udinese: una squadra che nei minuti finali ‘va insieme’ di testa e prende reti evitabilissime (Milano, Bologna).

Cambia nulla: la salvezza è alla portata, e già da Ferrara potrebbero uscire notizie importanti. Resta però l’impressione che l’Udinese sia un’eterna incompiuta. Non credo poi sia una grossa botta psicologica: sarebbe così fosse la prima volta. Giovedì mancherà Ken Sema, ma in difesa vedrete si rischiererà gente come De Maio e Becao.

E se la prossima stagione si ripartirà, come pare, da Luca Gotti come allenatore, la società ha il dovere di allestire un portafoglio giocatori che possa permettere all’adriese di giocarsela, con tutti e contro tutte. Quest’anno non pare proprio così.

Rigore (VAR) a parte, pessima la direzione di gara del fischietto scledense: tutti mi dicono sia il migliore sulla piazza: io dico che oggi, in una gara che poteva essere arbitrata dai giocatori stessi, non serviva interpretare le cose ma accondiscenderle. Le due iniziali ammonizioni ai friulani sono comiche, ma sappiamo che a Orsato si perdona molto. Forse giustamente. Per carità: totalmente ininfluente sul risultato, ma intanto Sema la gara prossima la salta per un intervento chiaro sul pallone.

Ultima riga: non è la prima volta che lo dico, lo so. E me ne prendo tutte le responsabilità del caso: il giorno in cui il pedatore col numero 55 appenderà le scarpe al chiodino sarà sempre troppo tardi. Penso mi capiranno le persone che amano il gioco pulito, e i tifosi della gloriosa Bari. Nel frattempo al povero Jonathan Bachini viene interdetto di tutto: e lui, Jonathan, ha fatto del male solo a sé stesso.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 05 luglio 2020 alle 22:25
Autore: Franco Canciani
vedi letture
Print