L’Udinese esce dal match contro il Sassuolo con l’amaro in bocca. L’Udinese è più forte del Sassuolo, lo ha dimostrato in campo. Purtroppo, finalmente bloccata l’emorragia difensiva delle ultime due stagioni, ecco che si presenta un altro problema. Meno grave, risolvibile, ma che sta causando uno spreco di punti importanti. Più o meno i punti che separano le zebre dalla compagine emiliana.

Il Sassuolo è quinto in classifica con diciannove punti, l’Udinese si tiene a non più di tre punti dalla terzultima. Ma in campo si è visto che la squadra con più qualità e meglio disposta in campo era quella bianconera. E non era un caso, non era una partita irripetibile. Era la stessa prestazione (migliorata, quello sì) già vista contro il Verona o il Frosinone, questa volta contro una compagine più forte. Purtroppo, la continuità c’è stata anche in avanti, al capitolo “non segniamo”.

L’Udinese paga l’infortunio di Zapata perché chi lo deve sostituire non è ancora all’altezza della seria A. Perica ha mostrato, dopo la partita nervosa di Roma, grande voglia di fare, ma non sempre è riuscito a tradurla in giocate all’altezza. Aguirre è entrato forse troppo tardi, ma non è sembrato dare l’impressione di poter competere con i titolari. E il turnover di Colantuono può essere visto sotto questo aspetto. Se non si interviene nel mercato di gennaio con l’acquisto di una punta di sicuro affidamento, se si aspetta che torni a pieno regime Zapata, allora Aguirre e Perica dovranno sudare e lottare come mai prima d’ora. Sia ben chiaro: questa per loro rappresenta un’opportunità non da poco, da sfruttare con avidità.

Perché Thereau e Di Natale sono attaccanti da minimo, e dico minimo, dieci gol a campionato ciascuno. Se il francese è in media, e se la sua prestazione opaca può essere giustificata dai km corsi mercoledì contro la Roma (l’unico a lottare, assieme a Badu), per Di Natale il discorso è diverso. Ieri il capitano è apparso sotto tono più per mancanza di carattere che per difficoltà fisiche dovute all’età. Metti anche che i due titolari sono giocatori “anarchici”, poco propensi a schemi e movimenti di squadra. Se sono in giornata non ce n’è per nessuno, ma quest’anno è capitato raramente che lo fossero assieme. Forse, perdendo un po’ di individualismo e mettendosi maggiormente a servizio della squadra, anche il settore d’attacco potrebbe beneficiarne.

E un bravo va fatto a Colantuono, che dopo due anni di difese ballerine è riuscito nella titanica impresa di dare stabilità al reparto arretrato, complice anche un buonissimo Felipe, maturo, a tratti spavaldo. Finalmente anche il centrocampo ha denotato più qualità che quantità. Gli errori al lancio di Fernandes, nella partita di domenica, sono dovuti di più ai pochi movimenti senza palla dei due attaccanti che a suoi errori di valutazione. Nelle ultime sei partite, l’Udinese ha ottenuto 2 vittorie, 3 pareggi e una sconfitta, non male davvero dopo le quattro batoste consecutive.

Colantuono ha anche un altro merito, scomodo da commentare, ma evidente: è macchiavellico. Rinuncia a combattere le guerre che gli provocherebbero perdite importanti e si concentra sulla crescita della squadra in partite nelle nostre possibilità. Questo si è tradotto, mercoledì sera, in una “partita della vergogna”, ma spetta ai sostituti ed alla società che li segue il compito di cambiare marcia, di dimostrare che dove non può arrivare la qualità, può competere l’agonismo e l’organizzazione. Se son rose…

Sezione: Editoriale / Data: Lun 02 novembre 2015 alle 18:00
Autore: Giacomo Treppo
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