Avviso sin dall’inizio: non potrò essere imparziale nel giudicare la non-prestazione del Cagliari proprio mentre sto leggendo il bel libro del collega Luca Telese, scritto in occasione del cinquantenario dallo storico scudetto isolano.
Non posso pensare che i giocatori rossoblu abbiano deciso che per quest’anno va bene così; che l’orgoglio di un popolo, così simile a quello del mio, di popolo, valga una passeggiatina per il campo e un giropalla sterile.
Capisco, la mancanza di Pavoletti e Nainggolan può essere giusta motivazione per una metamorfosi così profonda: un girone fa in Sardegna si godeva: calcio champagne, reti a grappoli, il buon trentino Maran passato per profeta della panca.
Sono bastati un paio di risultati negativi (ad esempio la brutta partita di Udine, giustamente persa) per sprofondare. E stasera, a due gare dalla fine, il Casteddu è stato raggiunto dalla (da noi) tanto bistrattata Udinese. Che realizza la rete della vittoria dopo centocinquanta secondi con Okaka e nei restanti cento minuti di gioco rischia pochissimo.
Più Cragno che Musso: probabilmente ad una formazione come quella sarda la mancanza di pubblico toglie più energie che a tante altre, ma tolto un nervosissimo Nàndez e un intermittente Joao Pedro, il resto è impalpabile.
L’Udinese anche stasera non capitalizza un dominio totale, certo; all’ultimissimo sospiro Pedro stava per pareggiare, immeritatamente, la gara ma sono solo particolari.
La verità è che Walace recupera dopo solo una settimana, e lì in mezzo si sente; sulle fasce Sema e Stryger sono tenuti a fatica dai dirimpettai; in difesa i bianconeri (oggi in antracite) rischiano veramente poco, riducendo il cholito Simeone e Pedro a molto miti consigli.
La verità è che Rodrigo De Paul gioca l’ennesima gara da otto e mezzo in pagella, correndo per sei, coprendo e ripartendo, tirando e sbagliando due stop in tutta la gara.
Dall’altra parte nemmeno la frenesia; quando ho visto la maglia bianca stilizzata dei domestici, che hanno costretto gli ospiti alla seconda tenuta, mi sono chiesto come mai Giulini e i suoi non abbiano riproposto, durante tutto il campionato che celebrava centenario della società e dieci lustri dalla vittoria del campionato, quell’elegantissima maglia con la freccia rossoblu a colletto, forse i laccetti (se fossero ancora permessi): meglio di no. Cera, Gori, Martiradonna, ovviamente Rombo di Tuono, Domingo, il nostro Greatti non hanno, oggi, eredi degni in maglia cagliaritana. Mancano gli stimoli? Quando si vestano certi colori, il fervorino dovrebbe venire da solo. Evidentemente come sempre faccio troppo l’amore con la storia di questo sport, per cui nutro una mai serena passione. E con la gente, con la limba sarda che frequento, per ragioni personali e di lavoro: giro (giravo; girerò) il mondo, ma a casa come nel sud della Sardegna mi sono sentito raramente fuori dal mio Friuli.
È la vendetta di Eupalla: la società rossoblu ha cercato di dare la classica ‘scossa’, di cristallizzare le ragioni per il calo attorno a Rolando Maran, sostituendolo con un ragazzo del 1960 simpatico, comunicatore, grandissimo ex giocatore, buon allenatore all’estero e un po’ meno in Italia, che sogna un giorno di allenare la squadra della sua città e del suo cuore. Walter Zenga aveva iniziato bene, vincendo a Ferrara (dopo la sconfitta nel recupero del Bentegodi), spiegando esaurientemente come avesse fatto, comunicando coi suoi, a cambiare le cose; in effetti contro la S.P.A.L. aveva vinto al 94’, e di lì in poi tranne Milan (distratto) e Torino mi pare punti i ferraresi non ne abbiano fatti poi tanti. I bene informati mi dicono, dal porto di Cagliari, che all’ex portiere della Nazionale abbiano già prenotato il volo di ritorno per Dubai, con Liverani in pole position per la prossima stagione. Vedremo.
L’Udinese? Vince perché è atleticamente strapotente rispetto a quasi tutte le avversarie. Si è salvata senza troppi patemi, i dubbi sono stati più che altro nostri; stanno uscendo prepotentemente le qualità di alcuni giocatori (Sema, Rodrigo, Walace, Fofana) che in precedenza giocavano a intermittenza, quando non erano del tutto negativi (ambientamento necessario? Parlo del bahiano ex-Hannover); si stanno confermando i punti fermi dall’inizio del campionato: Musso, la difesa, Larsen. Davanti alla fine la rete arriva quasi sempre, a differenza della vita pre-pandemica.
Insomma, è quasi un peccato che il campionato sia finito.
Sarebbe bello questa riserva mentale e morale fosse carburante per la prossima stagione, da iniziare a tutta per diventare finalmente, anch’essa, una rinascita. E la dea di cui sopra sola sa quanto qui ad Udine se ne abbia nostalgia e bisogno, di una stagione di diverso spessore.
Piccola notazione: l’Udinese raccoglie stasera il 13esimo clean sheet dell’anno: come lei, nessun’altra. E mancano due gare alla fine.
Vedremo cosa riserverà il momento in cui il supporter bianconero soffre la sua parte: il calciomercato. Vedremo quanto la retrocessione, dopo cinque stagioni, dei Watford cambierà le priorità in seno alla proprietà. Vedremo se, oltre Sema, ci saranno ‘calabroni’ che potranno diventare utili ad Udine: a me, dei gialloneri, piacciono Sarr, Joao Pedro, Pereyra e soprattutto Welbeck, che ancora è gran bel giocatore. Il percorso inverso potrebbe fare Zeegelaar, troppo spesso timido quando non dannoso ed uno dei pochi ‘meno’ della clausura di stagione bianconera.
Intanto l’Udinese si issa a 42 punti, e guarda dall’alto le formazioni con le quali, secondo i pessimisti, se la sarebbe dovuta battere (perdendo, ovviamente) fino all’ultimo sospiro onde evitare la retrocessione. Io stesso titolai ‘allarme rosso’: ma fu solo un attimo.
Paura, quella vera, non ve n’è mai stata.
Brava, Udinese. Il Cagliari, che ha investito molto di più, deve ripensare a molte, spero non troppe, cose.
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