Partiamo da qualche assunto che faccia da fondamentale. Prima di tutto, una società seria acquista i giocatori che reputa potenzialmente migliori e demanda all’allenatore il compito di utilizzarli al meglio. Da noi si spingeva per l’utilizzo dei giovani; da quest’anno abbiamo cambiato, è evidente. Va bene così, l’importante è fare punti. Secondo, un allenatore si giudica dai risultati almeno nel medio periodo (un girone di andata) e non partita per partita. Terzo, conseguenza dei primi due, dove non arriva la rosa, con le capacità di ogni singolo giocatore, arriva la tattica, ad accrescere il valore totale in campo. Ergo, il valore di una squadra ben allenata vale più del totale dei valori dei singoli. Traduciamo in numeri: si generano plusvalenze vere, importanti (per la società), e si arriva a fine campionato con un piazzamento importante (per i tifosi).
Alla sosta delle nazionale possiamo però iniziare ad analizzare la situazione dell’Udinese. Rispetto al girone di ritorno passato, c’è stato un evidente miglioramento, ma non tale da far pensare che i problemi fossero solo di guida tecnica. Ha ragione Colantuono, ci mancano tre punti (e forse più…). Segno che la mano dell’allenatore (e della società in fase di mercato) si inizia a intravedere. Ma, rispetto all’ultimo anno, si continua a non trovare la quadratura del cerchio: il dilemma sulla difesa (a tre o quattro) si sovrappone a quello della ricerca di 11 titolari.
Una squadra, per rendere, ha bisogno di certezze. A Udine mancano, vuoi per l’impoverimento qualitativo del centrocampo rispetto agli anni di Inler, Isla, D’Agostino e Asamoah, vuoi perché l’Udinese è diventata vittima di se stessa. Se un giocare sbaglia una prestazione viene lasciato in panchina, segno che le idee sono poco chiare e che vi è uno scaricabarile (termine un po’ brutale ma di sicuro effetto) fra i vari livelli organizzativi (manager, tecnici e giocatori). Colantuono ha provato la difesa a quattro per due volte, e subito la ha accantonata come fece prima di lui Stramaccioni. Pare strano che il lavoro di settimane di allenamenti possa essere accantonato così facilmente, oppure non si è provato abbastanza, ed allora sconfiniamo nel pressapochismo.
E’ interessante l’intervista apparsa sul Messaggero Veneto a Montesanto, preparatore atletico della squadra. La partita contro il Milan ha denotato un lavoro fisico uguale nel primo tempo (0.3 per gli ospiti) e nel secondo (2.0 per squadra friulana). Quello che è cambiato è stato non la quantità, ma la qualità. Nella seconda parte del match si era passati alla difesa a quattro. La domenica seguente, a Bologna, dove invece “l’esperimento” ha dato risultati nefasti, di diverso c'erano i protagonisti. E si torna alla mancanza di certezze, un gatto che si mode la coda.
Di buono c’è che l’Udinese corre, e pure molto. Contro il Genoa è finita in crescendo così come prima contro il Milan e il Bologna. E’ una forma invidiabile, che a Udine non si vedeva da tempo. Ora, l’Udinese può giocare benissimo sia con la difesa a tre che a quattro. La differenza la fa la voglia, le motivazioni, gli occhi della tigre: chiamatele come volete. A Udine mancano perché, e questa è la mia tesi, manca il manico. Non che i collaboratori di Pozzo non siano “eroici” come da lui definiti, ma magari qualcosa scappa, qua e là...
Se potessi essere il grillo parlante direi a Colantuono di non abbandonare del tutto l’idea della difesa a quattro, perché lui la sa fare bene, lo ha dimostrato altrove. E perché l’Udinese a volte ne ha bisogno, visto che non sempre sa coprire come dovrebbe. Gli direi di continuare sul lavoro visto contro Bologna e Genoa, un centrocampo compatto, che miri a perdere pochi palloni e con mezzali pronte agli inserimenti. Gli darei fiducia perché la merita. Ma parimenti gli direi di smettere con le prove e di affidarsi a una scelta precisa, tattica o di formazione che sia. Di perseguirla, di fare i cambi opportuni solo se necessari, possibilmente non con cadenza settimanale, e poi di rispondere di quanto fatto.
Quello che abbiamo visto nelle ultime due partite potrebbe essere la “primavera Udinese”, un cambio in meglio sotto forma di germoglio, che porterà i suoi frutti nel tempo venturo. A Verona, causa lo stop delle nazionali, è basilare quanto meno non perdere, chiudersi bene come fatto nel primo tempo contro il Genoa. E crescere da centrocampo in su, quanto meno in sincronismi. Che il valore aggiunto lo deve portare lui, Colantuono, l’allenatore… sperando che la società lo segua. Altrimenti, perderemo una partita non giocata, ci improvviseremo cambiati contro il Frosinone per vedere la squadra lottare solo contro la Roma, e allora gli spazi vuoti sul nuovo Friuli fischieranno come l’aria nei boschi. E sentiremo “Che barba che noia, che noia che barba!”.
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