La terra trema. Il Friuli trema. Ma non si spezza. A 40 anni da quel tragico 6 maggio nell’animo dei friulani non è rimasto solamente il ricordo. Il terremoto strappò ad un intero popolo sogni e speranze ma non spazzò via quella voglia di stare uniti nelle difficoltà, di rimboccarsi le maniche e rialzare la testa.

Per descrivere la penultima comparsa dell’Udinese davanti al suo pubblico non c’è immagine migliore. L’undici di De Canio contro il Torino sembra essere stata vittima di una forte scossa. Una scossa talmente violenta e distruttiva che lascia dietro di sé soltanto macerie. Le certezze costruite lentamente in sei partite e le novità positive portate dal mister lucano crollano in novanta minuti. Un’ora e mezza terribile dove i calciatori con il bianconero addosso sembrano essere preda di un forte trauma. Altro che coltello fra i denti per raggiungere la matematica salvezza. Non c’è niente da fare, l’Udinese con le “piccole” diventa piccola. Forse perché inconsciamente si sente già grande. Un difetto da non sottovalutare, che si ripete ogni qualvolta sia necessario fare il salto di qualità per mettere a tacere anche i più critici.

L’annus horribilis che si sperava di addolcire con il bel gioco proposto da De Canio è tuttora in corso. Ora I fautori del “te l’avevo detto io!” spunteranno come funghi fra i seggiolini colorati del Friuli. Tuttavia, per quanto questo possa dimostrarsi una pillola difficile da mandar giù, non bisogna dimenticare chi si ha di fronte. I friulani che fischiano la squadra alla fine del primo tempo o che non risparmiano il loro disappunto nei confronti del sostituito Edenilson non lo fanno per distruggere l’autostima di un gruppo o di un singolo. Agiscono così perché pretendono una reazione d’orgoglio. Quell’orgoglio che hanno dovuto raschiare dal fondo barile quando della loro casa non rimaneva nulla. I tifosi bianconeri hanno provato ad alzare la voce, a richiamare tutti all’ordine. Ma i cori “vogliamo undici leoni” o “tirate fuori i c..osìddetti” non hanno sortito l’effetto sperato. Anzi, hanno alimentato la voragine scavata già dal secco 2-0 che ha chiuso la prima frazione di gioco. La seconda, invece, è molto facile da analizzare: tre sgroppate fotocopia sulla fascia destra da parte del Toro versione Furia cavallo del West e tre palloni mandati nell’angolino sinistro della porta difesa da Karzenis.

Un tracollo in pompa magna, avvenuto davanti agli occhi di una curva che canta e…incredibilmente continua a cantare. Non saranno cinque pere a cambiare il copione. I friulani sono abituati a raccogliere i cocci e a rimetterli insieme. Così hanno fatto anche oggi, a quarant’anni di distanza. All’80’, subito dopo il quinto gol del Toro, gli ultras hanno dato le spalle al campo e si sono girati verso gli spettatori della Nord. Niente fischi, zero contestazioni. Solo entusiasmo da trasmettere, da seggiolino a seggiolino. Si può dire che quella di ieri è stata un’epidemia di tifo. L’invito a cantare assieme “un giorno all’improvviso” è stato accolto con un plebiscito. Alla fine si sono alzati proprio tutti: i padri con in groppa i loro bambini, le mamme con le figlie, le coppie più e meno giovani, i gruppi di amici, i più in là con gli anni. Il risultato contava poco oramai. Sicuramente i sostenitori bianconeri hanno rubato la scena: nessuno guardava più ciò che stava accadendo in campo. Tutti gli occhi e le orecchie erano per loro. Il triplice fischio non li ha di certo fermati, perché, come gridavano i Queen, “the show must go on”. E quello visto ieri sera sugli spalti del nuovo Friuli non era una cosa da poco. Mentre i calciatori bianconeri a capo chino prendevano la via degli spogliatoi, la curva si animava, insegnando a quegli stessi undici uomini che rappresentano l’Udinese Calcio cosa significa rialzare la testa davanti alle difficoltà. Cosa veramente sia per i friulani riemergere dalle macerie. È stata una festa che ha coinvolto tutti, nessuno escluso. Diversi tifosi “alloggiati” nei Distinti e in Tribuna si fermano per ammirare e filmare lo spettacolo. I preparatori atletici dell’Udinese si avvicinano alla Curva e se ne stanno lì, insieme ai propri tifosi, battendo le mani a ritmo. In mezzo alla bolgia appare anche lo speaker dello stadio, a dir poco entusiasta di essere parte di quella ottava meraviglia del mondo moderno. Dall’altra parte circa 300 tifosi del Torino applaudono convinti gli avversari di tifo, riconoscendo l’estrema bellezza del gesto.

In Italia si è specialisti nel dipingere tutti come teppisti. Il calcio è malato, si dice. Le squadre sono preda della furia ultrà, si sottolinea sdegnati. Cari dirigenti del mondo di pallone, per Udine non emettete più simili giudizi. Ora, se l’informazione fosse davvero “politicamente corretta”, le immagini della Curva Nord dovrebbero fare il giro della penisola. Ma, aihmè, probabilmente non sarà così.

Cosa resta dunque di questa giornata calcistica? L’orgoglio di un popolo che non si piega, non si spezza e che alle ore 20.40 canta ancora. Cara Udinese Calcio, una curva così si merita la serie B?

 

Sezione: Primo Piano / Data: Dom 01 maggio 2016 alle 12:30
Autore: Arianna Forabosco
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