Quando chiesero a Del Piero se avrebbe avuto piacere che la Juventus ritirasse il numero 10 in onore della sua gloriosa carriera in bianconero lui rispose, semplicemente, no. Aggiungendo che un bambino con la passione del calcio doveva poter sognare di vestire la maglia del suo idolo. Per un paio d'anni nessuno alla Juve ha avuto il coraggio di chiedere la dieci. Poi è arrivato Tevez, l'ha presa, e nessuno si è scandalizzato. Sono storie, storie nelle storie, le belle storie del calcio.

Dopo l'addio di Di Natale sembra essere davvero impensabile che la 10 possa essere indossata da qualcun altro. Anche a Udine si è parlato di ritirarla dato che difficilmente in bianconero nella prossima stagione vedremo un giocatore all'altezza dei predecessori Zico e Totò. Non è solo un numero, serve qualcuno in grado di reggere il peso di quella maglia. Di un numero che ha scritto la storia di questa squadra, che ha vissuto situazioni ed emozioni indimenticabili. DI Natale all'Udinese ha avuto una carriera straordinaria. Come Del Piero alla Juve. Ma un giorno un ragazzo può sognare la dieci di Totò, magari ritrovarsela tra le mani e ripensare a quelle parabole, quei tocchi, pensare di emularli e magari fare meglio. 

Quando nello spogliatoio l'allenatore ti assegna una maglia, t'investe di un ordine e di una responsabilità. Senza doverti dire una parola. Questo vale in Serie A come nel campetto di terra in Seconda Categoria. "Mi ha dato il 10", pensi. E ti tremano le gambe. 

La 10 dell'Udinese, quella di Zico prima e di Di Natale poi, non è solo una maglia. E' una sacra investitura che un giocatore si deve mertitare. Non va data a caso per tutti i significati che porta con sé.

Sezione: Primo Piano / Data: Sab 28 maggio 2016 alle 12:00
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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