Traballa la panchina di Gigi Delneri. Le voci di qualche settimana fa sono tornate prepotentemente alla ribalta dopo la disfatta fiorentina. Da profeta in patria, il tecnico friulano rischia di diventare il parafulmine di una crisi inaspettata. Una tempesta si è abbattuta sulla nave bianconera e non si intuisce come uscirne fuori. E a proposito di imbarcazioni e comandanti esperti, cosa succederebbe se a guidare la flotta dell’Udinese venisse posto un Galeone, Giovanni Galeone? Ovviamente è un’ipotesi azzardata e mossa da un profondo romanticismo, con un pizzico di nostalgia calcistica. Tuttavia, proviamo ad immaginare ugualmente cosa potrebbe dare un maestro del passato alla formazione attuale. L’ex tecnico bianconero, che si è seduto sulla panchina friulana nel 1994/95 e nel 2007, è sempre stato un amante del bel gioco. <>. Una frase che rappresenta un dogma tattico per l’allenatore nativo di Napoli, che ha costruito la sua straordinaria carriera e le sue fortune sportive con il 4-3-3 e con il primo abbozzo di marcatura a zona. Nessun altro modulo ammesso: << La negazione del gioco. Facile dare la palla all’ altro e dire: pensaci tu. E chi si assume la responsabilità di dribblare, tirare, rischiare i fischi? Io ai ragazzi ho sempre detto di prendere l’iniziativa: il 4-3-3 è fantasia e basta>>. Dunque spazio alla libertà d’azione, ad un calcio spiccatamente offensivo e propositivo, volto a segnare sempre. Sicuramente sarebbe una ricetta interessante per rivitalizzare elementi bianconeri apparsi in forte crisi o in un momento opaco. Si parla di fantasia, di tridente offensivo e subito si pensa a cosa accadrebbe ad un giocatore estroso come Rodrigo De Paul. Probabilmente, il sistema Galeone avrebbe l’effetto di sbloccare e portare ad un livello superiore un talento cristallino troppo spesso imbrigliato dalla propria discontinuità. Se l’argentino classe 1994 fosse il protagonista di un romanzo di formazione, il modus operandi dell’allenatore napoletano potrebbe essere l’elemento di rottura, quella molla che scatta e cambia definitivamente la vita, rendendola diversa e spesso migliore.
Forse un discorso simile si potrebbe fare anche se a guidare la formazione friulana ci fosse un altro amante del 4-3-3, vale a dire Massimo Giacomini, storico tecnico della doppia promozione dalla C alla A tra la fine degli anni ’70 e l’inizio del decennio successivo. È a lui se in una certa fase storica del nostro campionato si è parlato di un’Udinese “olandese”, per lo schema e per la concezione del sistema di gioco. Un’innovazione per quei tempi. Chissà se attualmente l’allenatore saprebbe inventarsi qualcosa di nuovo, non tanto dal punto di vista tattico, quanto nell’ordine da imporre ai calciatori sul rettangolo di gioco, evitando di ripetere scene tragiche, con calciatori allo sbando. Probabilmente, chi ne troverebbe maggior giovamento potrebbe essere il reparto difensivo dei bianconeri, spesso in crisi e mal posizionato. Più attenzione alla linea ed ai movimenti dei vari interpreti, meno errori di concetto.
Se la squadra manca sotto l’aspetto della grinta e del carattere, il tecnico da cui prendere spunto è Adriano Fedele, l’uomo capace di assemblare il tridente Balbo-Branca-Dell’Anno. Meno tatticismo e più grinta, determinazione, fisicità: questi erano gli ingredienti per vincere ed imporsi. Dopo quanto si è assistito all’Artemio Franchi ed in altre gare di questo deludente avvio di stagione, la ricetta dell’allenatore degli anni ’90 parrebbe un mantra quasi imprescindibile. Certo, non si pretendono miracoli, ma prestazioni opache, tetre, quasi svuotate di contenuti tecnici e tattici non sono quello che fa ingoiare ad un tifoso l’amaro boccone della sconfitta. Sotto il profilo della personalità, l’Udinese può e deve dare di più. Magari, imparando dai predecessori.
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