L’addio di Totti ed il caso Donnarumma. Tutto nel giro di due settimane. Ad un anno di distanza dalla fine dell’avventura bianconera di tre totem friulani, come Antonio Di Natale, Maurizio Domizzi e Giovanni Pasquale. Stride vedere situazioni così differenti tra loro vicine nel tempo ed inevitabilmente oggetti di un paragone. È un colpo al cuore del semplice appassionato rivedere le immagini di un Friuli affettuosamente legato al suo trio storico, lo struggente saluto tra il Pupone e la sua gente ed i tanti insulti social piovuti sul capo dell’ormai ex enfant prodige del Milan. È il contrasto tra l’amore incondizionato di due popoli, quello friulano e quello romano, per i rispettivi simboli e tra l’ira dei tifosi del Diavolo rossonero, incapaci di accettare il “gran rifiuto” di un diciottenne.

Ma è veramente così? È davvero finita l’era delle bandiere? Forse sì. Forse dobbiamo abituarci ad un calcio senza grandi riferimenti. Eppure, qualche speranza per i nostalgici ancora c’è. Nella Capitale, Alessandro Florenzi sembra intenzionato a candidarsi come ideale erede della dinastia romana e romanista esaltata negli ultimi due decenni da De Rossi e Totti. A Firenze, Federico Bernardeshi e Federico Chiesa paiono piuttosto legati alla maglia fiorentina. A Napoli, si parla del legame tra Lorenzo Insigne e la formazione azzurra, sulla scia della favola che lega Marek Hamsik al club partenopeo. L’Udinese, invece, si coccola i due gioielli Simone Scuffet ed Alex Meret, pronti a lasciare il segno nei prossimi anni del club friulano. Insomma, qualche riferimento sembra ancora esserci nel panorama italiano.

Il vero problema riguarda il contesto, che sembra essersi scordato delle bandiere calcistiche. Alcuni procuratori esercitano un’influenza notevole sugli atleti e sulle trattative. È il mercato intero a cambiare, figlio anche di una situazione economica diversa rispetto a quella degli anni precedenti. Sicuramente, è più complicato legarsi in modo duraturo ad un club, ma non solamente per le illusioni di facili e lauti guadagni o per le pressioni di vari agenti. Talvolta, sono anche le società stesse a mal tollerare l’esistenza di giocatori importanti per diverso tempo, forse per l’incapacità di gestire figure così ingombranti. Di conseguenza, anche per i futuri protagonisti diventa quasi più semplice accettare un percorso diverso. Da allora niente più storie meravigliose, niente più rifiuti alla Di Natale verso la Juventus. Solamente un calcio diverso da quello visto e vissuto finora. Starà al tempo dire se il cambiamento sarà in meglio o in peggio.

Sezione: Primo Piano / Data: Sab 17 giugno 2017 alle 08:00
Autore: Federico Mariani
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