C’era una volta una squadra capace di dare spettacolo e di far sognare anche i friulani, gente abituata a mantenere sempre i piedi ben piantati a terra. C’era una volta un allenatore amato da tutti e non solo perché poteva vantarsi di aver portato una provinciale al vertice. Un uomo umile, sensibile, determinato e allo stesso tempo ambizioso che in una realtà come quella di Udine voleva piantare le proprie radici. Perché, riprendendo le sue parole, si sentiva a casa. C’era una volta semplicemente l’Udinese di Guidolin. Un gruppo unito, formato da uno zoccolo duro di italiani che faceva da chioccia a chi proveniva dall’altra parte del mondo e aveva sulle spalle l’aspettativa di diventare la prossima stella. Eral’Udinese dei vari Di Natale, Pinzi, Domizzi, Sanchez, Basta, Asamoah, Handanovic e tanti altri. Era l’Udinese del terzo, quarto e quinto posto, quella del “testa bassa e pedalare” e, non da meno, della lavagnetta in spogliatoio che partiva da meno quaranta per poi alzare l’asticella.
Che nostalgia! Semplicemente una favola. Neanche troppo lontana, riflettiamoci. Eppure sembra che siano passati decenni. Forse perché le pessime figure collezionate in queste ultimestagioni hanno demoralizzato anche i più ottimisti. Attualmente nessuno pensa che l’Udinese possa riaprire un ciclo di simile portata. Il perché è semplice e va al di là della paura di retrocedere: la maggior parte della tifoseria non si fida più delle scelte societarie e pensa che per la squadra bianconera non ci sia più un progetto. Meglio pensare al Watford insomma. Se qualcosa va male dopotutto c’è sempre una carta da giocare, che sia attribuire le colpe al nuovo allenatore o ai propri sottoposti. Il giochino del scaricabarile ha avuto vittime illustri e l’ultimo in ordine di tempo probabilmente sarà De Canio. Il capostipite è stato senza ombra di dubbio Francesco Guidolin. Come dimenticare che tutto iniziò nell’ultima stagione del tecnico di Castelfranco sulla panchina friulana. Colpa dello stress, dissero i Pozzo. Colpa di un allenatore troppo nervoso che non era più capace di gestire il gruppo e, di conseguenza, di allenare. Bisogna essere onesti, anche molti friulani lo pensarono. Ciò nonostante, mai avrebbero creduto che i Pozzo avessero deciso di metterlo alla porta in un modo così brutale. Di facciata supervisore, di fatto nullafacente e mai interpellato per un parere. D’altronde, a due anni di distanza, si può notare che le parole di miele del patron per i suoi prediletti non trovano corrispondenza nella realtà. Quando i grandi vecchi vanno a riscuotere il conto della riconoscenza la porta dell’Udinese Calcio magicamente si chiude. Vedasi Pinzi e Totò, gli ultimi in ordine di tempo. Non a caso gli unici italiani ad aver trascorso più di dieci anni ad Udine ed entrambi volenterosi di chiudere qui perché, anche per loro, il Friuli era diventato casa propria. D’altronde nel mondo del pallone non si guarda in faccia nessuno quando ci sono degli interessi in ballo. E non succede solo nella nostra piccola realtà. Basti pensare al trattamento riservato dalla Juve a Del Piero e attualmente al quasi strappo della Roma con Totti.
Niente favole. I tifosi dell’Udinese non hanno mai potuto vivere un happy ending con i loro beneamati. Come dimenticare anche l’ex capitano Valerio Bertotto, costretto a chiudere malamente e trasferirsi a Siena, senza avere il giusto tributo? Ma almeno loro, i grandi ed amati ex, riescono a togliersi alcune soddisfazioni al di fuori del Friuli. Ieri è stato il momento di Francesco Guidolin. Con il suo Swansea ha battuto il Liverpool per 3-1, raggiungendo matematicamente la salvezza con due giornate di anticipo. I detrattori che lo consideravano finito ora dovranno ricredersi. Il Guido ha voglia ancora di essere protagonista. Magari in un futuro prossimo con i colori azzurri. Perché tutti, compreso Totò, hanno diritto di essere felici. Anche se indossano un’altra casacca.
Non siamo egoisti. Tifiamo anche per loro. Perchè non sono e non saranno mai come tutti gli altri. Udine è una terra di passaggio, crocevia di tanti calciatori ed allenatori, ma solo alcuni lasciano un gran bel ricordo. E il Guido, nervosismo o no, sarà sempre fra questi.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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