L'Udinese gioca una discreta prima amichevole, e Colantuono inizia a seminare il suo credo.

La rosa è ancora incompleta, ma del resto si sa, il mercato si fa negli ultimi giorni, quando i prezzi scendono e le occasioni abbondano. La squadra friulana è ormai orfana di un regista dai tempi di D'Agostino. Inler e Sanchez erano ben riusciti ad ovviare all'assenza di un ispiratore del gioco. Dopo di loro, il gioco dell'Udinese è andato verso un lento e continuo deterioramento estetico, con la sola parentesi di un duo Muriel Pereyra dietro Totò Di Natale, nel penultimo anno di Guidolin. Strano come vada la vita: Pereyra sembrava avere meno mezzi di Muriel eppure il tecnico di Castelfranco Veneto ha vinto l'ennesima scommessa. Arrivato un pulcino bagnato sulla corsia di sinistra, laterale, ne ha creato un interno, un rifinitore che ha vinto e convinto a Torino, sponda Juventus. E dire che in pochi a Udine credevano in lui come numero “10”... Muriel invece pareva il campione venuto a sostituire Sanchez: si sta perdendo in quel di Genova, sponda Sampdoria. Anche qua Guidolin ci aveva visto giusto.

Colantuono ricorda un po' Guidolin un po' Marino. Perché? Perché pare guardare alla sostanza e non alla forma, come fece Marino quando arrivò. Verre e Faraoni sono giocatori poco considerati dal calcio italiano, ma di grande valore. Ecco che il tecnico di Roma ha schierato i due nel secondo tempo, e Verre ha proprio sostituito un fin qui abulico Guilherme. I sostituti di Allan e Widmer (se dovesse lasciare l'Udinese) li abbiamo in casa: si chiamano Edenilson, Faraoni e Verre. Ma no, non penso che il centrocampista di scuola Roma sia un semplice (ma grandissimo) recuperatore di palloni; e nemmeno un giocatore che salta facilmente l'uomo. Verre nel Perugia si è messo in mostra per il senso tattico, per la capacità anche di fare gioco “sporco” (alla Pinzi, tanto per intenderci), ma con una facilità nelle aperture di gioco che può essere molto preziosa a un 352 con laterali filtranti come abbiamo in rosa. L'anno scorso ci è mancato un centrocampista che sapesse dare sostanza, densità ed unità al centrocampo: quest'anno lo abbiamo ed è italiano. Vediamo di non farcelo scappare. Faraoni poi è un ottimo sostituto per chi sta in fascia: in serie B fa la differenza anche in fase offensiva, in seria A di sicuro sa difendere meglio del nazionale svizzero. Se per un Widmer che parte (forse) c'è un Edenilson che arriva, allora ci potrebbe anche essere un uomo che sappia coprire un buco con un rendimento costante, variabile indispensabile per una riserva che debba par rifiatare il titolare.

E ricorda Guidolin, Colantuono. Perché finalmente Fernandes pare essere considerato per quello che è: un giocatore che può portare su palla, fare passaggi in verticale ed eventualmente assist e gol. Il ruolo di Fernandes può essere doppio: può fare il regista, come mostrato nella fase finale del campionato Primavera di due anni fa (prestazioni magnifiche le sue), oppure fare la mezzala ibrida, un giocatore che toglie punti di riferimento. Personalmente, vedere Fernandes giocare in fase difensiva spesso e volentieri con Gabriel Silva in panchina, mi pareva una bestemmia tattica. L'anno scorso abbiamo assistito a questo.

Colantuono ricorda gli allenatori vecchio stile, quelli che fanno correre tanto in preparazione e che partono dalle basi, e cioè la fase difensiva. Poi, da quella, si costruiscono i movimenti di centrocampo e d'attacco. E, finalmente, torniamo a usare il buon senso. Il mister ha parlato con i senatori: chi più chi meno darà il suo apporto. Ritengo che Domizzi sia più utile da centrale che da laterale; Pinzi ha chiuso il campionato benissimo, mostrando una forma più che adeguata. Ma quello che fa la differenza ha un nome e un cognome, Totò Di Natale. Chiedere a Totò di fare la fase difensiva o di lanciare i compagni arretrando è come chiedere a Senna di cambiare le gomme alle monoposto di Formula 1. Schierare un giocatore come lui solo negli ultimi spezzoni di gara è come suonare con Mark Knopfler è chiedergli di limitare gli assoli vista l'età. Pane al pane, vino al vino. Totò, e lo ha detto ha chiare parole Colantuono, può giocare anche tutte le partite, perché è un giocatore che fa la differenza.

C'è un ultimo richiamo del passato che sarebbe bello rivivere. Quando Pizarro e Iaquinta non volevano giocare, volevano cambiare squadra, disturbavano lo spogliatoio e le intenzioni della società che li pagava, un certo Pierparolo Marino li mise fuori formazione. Ai giorni nostri un ancora acerbo Nico Lopez si permette di dire se e dove vuole giocare. Un attacco con Di Natale, Thereau e Nico Lopez sarebbe tanta roba, come si dice in gergo, meglio se con Zapata (speriamo si convinca). Io capisco che un giocatore alla fine di un ciclo con offerte interessanti possa dire di no, che vuole andare. Ma davvero bisogna assecondare i malumori di un giovane ed ancora inespresso Nico Lopez? A volte un padre, se vuole bene a un figlio (o un imprenditore se vuole fare utili) deve anche spingere quel figlio a fare ciò che non vuole: si chiama educazione alla vita, alla crescita. L'attaccante di Montevideo potrebbe davvero diventare un grande calciatore. Lasciarlo ai suoi difetti caratteriali, alla sua poca autostima interiore non serve. E non mostrarsi forti contrattualmente servirebbe solo a creare un precedente negativo. Serve serenità ed organizzazione per vincere, ma serve anche disciplina.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 16 luglio 2015 alle 08:30
Autore: Giacomo Treppo
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