Fate un gioco con me. Fate finta di essere un calciatore di 32 anni che si gioca gli ultimi 2 o 3 (forse, non è detto) anni di carriera. Avete giocato in squadre importanti, siete un faro della nazionale del vostro paese. Ora siete in una squadra che da anni conclude stagioni mediocri, a volte peggio. L’inizio di campionato non è stato esaltante e quella squadra ha equilibri particolari, per i quali voi siete fondamentali (ovviamente se siete in stato di buona forma, l’età si fa sentire). Il vostro ruolo è tenere la squadra, fare da capitano in campo e spiegare ai giovani come si fa a diventare professionisti. Però il capitano è un altro.

Se avete un infortunio, ma la nazionale vi chiama per gli spareggi, per poter fare l’ultimo Mondiale della vostra carriera, cosa fate? Rimanete a “casa” (puro domicilio calcistico) per curarvi e permettere a dei giovanotti di andare a guadagnare di più in altri lidi, o andate a “casa vostra”, onorate l’impegno per la nazionale e per la maglia, anche a costo della propria condizione fisica?

Quando ho letto della querelle, molto blanda mi sembra, fra Behrami e l’Udinese, mi sono subito immedesimato nel calciatore svizzero. Interiormente ho gioito: c’è ancora qualcuno per cui i colori di una maglia sono importanti. Qua a Udine ne vedo pochi, e spesso vengono lasciati in panchina o ceduti ad altre squadre. Domenica ho registrato la partita dell’Udinese perché tornavo da un week end di mini-ferie. Mandando avanti veloce ho visto che non si era giocato e sono stato felice. Lasciate che la Lazio potesse essere stanca, ma senza Behrami e Hallfredsson (che pare tornare in forma decente, partita dopo partita) i bianconeri sono davvero poca cosa. La sconfitta era assicurata, anche per un tifoso indefesso come me, che ad ogni fischio d’inizio di qualsiasi partita scorda tutto il passato e i problemi e vede solo la voglia di vincere. Così mi sono messo a guardare Atalanta Spal e finalmente Semplici si è accorto di giocare in serie A e non più in B. Così come fatto dal Crotone l’anno scorso, è passato dalla difesa a tre a quella a quattro e ha spostato Felipe centrale. I ferraresi avrebbero potuto tranquillamente vincere la partita, perché la disposizione in campo era quella giusta, la squadra più solida e la voglia di giocarsela molto superiore a quella delle nostre sette tappe della via crucis (mi auto-cito… potete leggere il mio commento sul prossimo Magazine Il Calcio in distribuzione da lunedì prossimo in tutta la Regione o tramite TuttoUdinese.net).

Quando Felipe se ne andò sbagliai nel commentare l’accaduto. Certo, Felipe non era una bandiera, a Udine era stato per pochi anni ed era comunque di ritorno, ma è altrettanto vero che il giocatore tarcentino d’adozione aspirava a diventare tale (mi è poi stato riferito da vari). Non è vero che le bandiere non esistono più, esistono ancora, ma pare che le società di calcio non le vogliano. Pensate ora a quanti gol abbiamo subito per errori singoli dei difensori, quest’anno… quanti gol avremmo evitato con un Felipe centrale e titolare? Al posto di chi non lo dico, se guardate i gol subiti è facile capire.

Così, in un mondo che non apprezza le bandiere ma che chiede ai tifosi fedeltà (economica) ai colori sociali (non è un male solo dell’Udinese, pare piuttosto generale), c’è un giocatore di carattere che ha detto no ed ha preferito la Nazionale, la gloria, la maglia e l’ultimo Mondiale della carriera. Oggi come non mai, Behrami ci ha dimostrato che, umanamente e come professionista, è ciò di cui abbiamo bisogno.

Gli faccio il mio più grande in bocca al lupo!

Sezione: Editoriale / Data: Gio 09 novembre 2017 alle 18:10
Autore: Giacomo Treppo
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