Domenica c’è stato un passaggio di consegne. Non proclamato, al di fuori dell’ufficialità e della comunicazione della società, ma c’è stato. Fuori dallo Stadio, alle 12.00 circa, Guidolin parlava e salutava i tifosi che da sempre gli sono affezionati. Quando se ne andò in vari lo criticarono. Con il senno di poi, in molti si sono ricreduti. Alle 14.30 o poco più in là, un altro allenatore friulano (perché dite quello che volete, ma Guidolin è un furlan), Gigi Delneri, commentava la partita contro il Pescara con una frase emblematica: “A volte bisogna anche saper sgarfare”.

E’ vero, l’Udinese di Delneri ha giocato fino al gol un buonissimo calcio, con tre tocchi arrivava al limite dell’area avversaria, colpiva in contropiede come è giusto giocare contro la squadra di Oddo. Dopo il gol sono venuti fuori problemi atavici, che poco dipendono dall’allenatore che siede in panchina. Chiamali paura, chiamali pressapochismo, ma non mancanza di voglia, non questa volta. Era quello il maggior peccato riscontrato nell’Udinese del recente passato. La mancanza di motivazioni, ufficialmente detta. Quando ho scritto l’editoriale post partita, senza guardare le statistiche, ho detto che il passo avanti era vedere una squadra che lotta e che corre fino alla fine, nel bene e nel male. Ebbene, un po’ per il gioco voluto da Delneri (baricentro più alto) un po’ per la ritrovata voglia di giocare, i bianconeri sono passati da uno score di circa 100km a partita a un 112/114km. Tutti gli uomini entrati hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo, hanno dato quel 10% in più che alla fine paga. Anche Kums, autore dell’ennesima prestazione fra luci e ombre, non ha mai smesso di muoversi. Apprezzabile nel primo tempo, quando usciva a pressare per primo il portatore di palla.
Delneri non ha fatto il miracolo, ma ci è andato vicino. Quanti volte ho scritto “sarà l’esame di maturità”? tante. Quanto volte è stato passato? Nessuna, non ne ricordo… sarà che divento vecchio. L’Udinese del saggio Gigi ha attuato un gioco più propositivo di quello di Iachini, senza però rinnegare il recente passato. Perché, signori miei, la rosa non è cambiata. Le rivoluzioni devono essere fatte fuori dal campo di calcio. Dentro invece bisogna cambiare costruendo su quello di buono che c’era, cercando di evitare gli errori del predecessore. Difesa a quattro e un secondo tempo con gente dai polmoni grandi, magari con i piedi quadri, ma con la capacità di dare spessore al centrocampo, in entrambe le fasi. Abbiamo vinto il primo tempo per 1.0 giocando bene per mezzora. Abbiamo vinto il secondo tempo per 2.1 lottando su ogni pallone. La capacità di stare in campo in maniera disciplinata per 90 minuti e oltre la acquisiremo con il tempo.

Delneri viene da tre anni nei quali si è puntato, spesso erroneamente, sulla difesa a tre e un centrocampo folto. Ora si è fatta dieta di centrocampisti e si vuole quattro giovanotti davanti al portiere. Gigi va lasciato lavorare in pace, ma intanto, da buon furlan pragmatico, si è messo tre punti in saccoccia che fanno la differenza. Non ricordo chi, ma disse “la paura la sconfiggi vincendo le partite”. Ora l’Udinese può andare a Palermo conscia di essere ben al di sopra della quota salvezza e un’eventuale (ma non contemplata, intendiamoci bene!) sconfitta non creerebbe un terremoto in classifica e nell'ambiente.

A Udine c’era un allenatore che quando vinceva amava dire “Stin Calmus”. Traduzione di chi, per storia millenaria, è sempre stato abituato più alle privazioni che all’agiatezza. Era un friulano quello che parlava, uno di noi. Ora ce n’è un altro, anche lui friulano, che per tornare al calcio che ci compete usa gioco d’attacco ma anche realismo, e insegna ai giocatori che bisogna saper “sgarfare”. Quello sgarfare è un termine che racchiude le bestemmie dei contadini e il pragmatismo degli artigiani, è la squadra, è lo spogliatoio, è un sentimento. E’ la prima lezione di Gigi da Aquileia. Per le altre, ci sta lavorando…

 

Sezione: Editoriale / Data: Mar 25 ottobre 2016 alle 18:52
Autore: Giacomo Treppo
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